Il percorso che ora preferisco mi porta lontano dalle viuzze strette di Orvieto percorse da brigate di najoni, da dialetti contrastanti […] Preferisco andare verso l’antica porta di Orvieto, di lato al Pozzo di san Patrizio, rasentare le mura medioevali, risalire il fossato…
Ci sono dei libri in cui l’illusione che l’autore abbia attinto direttamente dalle tue conoscenze e dai tuoi ricordi è marcata.
Sono sorprese letterarie che ogni tanto mi colpiscono.
Tondelli è un autore che non ha bisogno di grandi presentazioni e alta era la mia curiosità circa il suo stile, il suo modo di comunicare le idee.
Non volevo iniziare con Altri libertini o Camere separate, libri fin troppo recensiti e discussi. Volevo anche leggere il primo Tondelli, più puro e meno contaminato da uno stile raffinato, più consono ai canoni letterari.
Così la scelta è caduta su Pao Pao anche perché mi affascinava un’ambientazione da caserma, militaresca.
Forse, in fase di valutazione avevo letto della città di Orvieto, ma non mi ci sono soffermato più di tanto. Però grande è stata la mia sorpresa quando, pagina dopo pagina, l’autore riportava le sue avventure da soldato di leva parlando di luoghi assolutamente a me familiari e abituali.
La rupe di Orvieto, Orvieto scalo e la sua stazioncina, i vicolo del centro, i ristorantini alla buona, il maestoso Duomo.
È stato piacevole essere catapultato in un ambiente ben conosciuto ma in una linea temporale precedente, circa vent’anni prima che io ci mettessi piede.
Forse questo ha reso l’empatia nei confronti dell’autore e protagonista maggiore di quello che sarebbe stato, non lo so, ma importa poi? Ciò che davvero mi è interessato è che il libro mi aperto uno squarcio su una generazione di ragazzi e autori che prima mi era inaccessibile.
I diciottenni e i ventenni del 1980, anno in cui è stato scritto il libro, una generazione che io vedevo come già grande, adulta, per me bambino di pochi anni. Fumavano, ascoltavano Battiato, abbracciavano cause importanti, avevano ideali in cui credevano fermamente.
Ancora più grande è stata la mia sorpresa quando dopo Orvieto la narrazione ha seguito il protagonista a Roma, mia città natale, portandomi in altri luoghi a me ancora più familiari. Trastevere, piazza Navona, piazza del Popolo, il Celio, le stazioni della metro, luoghi della mia infanzia, ricordi di fanciullo.
Questo mi ha fatto godere di un effetto amplificato del testo.
Già. Il testo. Forte era la mia curiosità su questo autore così discusso, la sua aperta omosessualità negli anni Ottanta, lo scandalo, il suo essere uno dei giovani autori, una nuova leva narrativa negli anni in cui gli impegni e le lotte sociali, il possedere dei valori era molto più forte di oggi.
Una scrittura ruvida, netta, tagliente a volte. Anche se autobiografico e in prima persona il testo traccia linee ben definite di narrazione, la biografia si sovrappone alla narrativa creando un connubio godibile e alterno, suscitando emozioni. Non certo delicata, non troppo descrittiva ma comunque evocativa, lontana dalla generazione precedente ma non meno efficace. C’è una grande voglia e fame di vita in queste pagine che vengono gettate agli occhi del lettore senza filtri, dirette. La cronaca di una fetta di vita.
La vita militare e gli amori del protagonista sono pagine che scorrono veloci su un’esistenza infelice ma vissuta in pieno, godendosi attimo per attimo, senza rimpianti.
Una bella voce quella di Tondelli ma che si è spenta troppo presto nel panorama italiano, resta la curiosità, e forte, di cosa avrebbe potuto donare alla nostra narrativa dagli anni duemila in poi.
Non lo sapremo mai e questo ce lo rende, forse, ancora più prezioso.
Foto di copertina di Filip Andrejevic – License by Unsplash – Free use