I giovani vogliono diventare qualcuno, i vecchi già lo sono. Essere e Divenire sono verbi generazionali.
Ordine e Disordine. Bianco e nero. Yin e yang. Bene e male.
Gli estremi, che lo vogliamo o no, sono sempre complementari e funzionali, senza l’uno non esiste l’altro.
Le categorie di Ordine e Disordine non solo sono complementari, ma spesso sovrapponibili, i confini labili, le differenza sfumate.
E chi meglio di un creativo napoletano (Disordine), ma laureato in ingegneria (Ordine), come Luciano De Crescenzo poteva scrivere un libro che andasse al di là della semplice dicotomia di questi due elementi?
Ma facciamo un passo indietro.
Il mio rapporto con Luciano de Crescenzo ha origini lontane, la metà degli anni Ottanta, quasi quarant’anni fa.
E non per merito mio.
Ci sono autori che ti scegli, altri che ti arrivano per eredità e così è iniziato il mio rapporto con l’autore De Crescenzo. Così parlo Bellavista era il libro che mia madre leggeva e con il quale si faceva un sacco di risate. Incuriosito vidi il film. Mi piacque e passai al libro. Mi piacque ancora di più e risi tanto anche io. Lo lessi qualche anno dopo e risi meno perché mi concentrai sulla parte più filosofica, sull’essenza che riguarda la nostra vita, scintille di quello che sarebbe avvenuto in modo esponenziale anni dopo, come il tempo, la fretta, l’urgenza. Il tutto e subito.
Da eredità trovata nella libreria di famiglia, Luciano De Crescenzo diventò una scelta e nei miei primi anni universitari alcuni dei suoi libri iniziai a comprarli. Croce e delizia e Panta Rei furono letture che riuscirono a coniugare un sorriso e insegnamenti filosofici, specie il secondo. Facile all’epoca, era un personaggio di moda, un amico di Arbore, era il saggista ricercato, il divulgatore che parlava dei miti dell’antica Grecia in RAI.
Per me è sempre stato come uno zio che rivedi con piacere, sia nei film, che in Tv, che nei libri. Una presenza rassicurante, pacata, saggia, dalla quale ti aspetti sempre di imparare qualcosa di utile. Un Piero Angela votato alla filosofia senza il rigore sabaudo, ma con la verve napoletana che rende tutto più leggero.
Eh già, De Crescenzo non avrebbe potuto essere altro che napoletano, ne incarna lo spirito, la leggerezza, la filosofia, l’adattamento e l’ingegnosità che iniziai ad amare con Totò ed Eduardo, ma quella continuità attraverso i i libri me l’ha donata lui. Nel dirlo sento di fargli un grande complimento.
“Io penso che Napoli sia ancora l’ultima speranza che ha l’umanità per sopravvivere.”
Poi, mea culpa, sul finire degli anni Novanta l’ho lasciato scivolare in promesse di future letture, un vortice contenente l’implicito rimando all’infinito, attratto da altri libri, altri generi, altra letteratura.
Poi, un titolo di un suo libro in un post Facebook ha riacceso quella curiosità mai spenta. Da lì, in un angolo della mia mente, mi riprometto la lettura di quel testo e di riannodare il mio rapporto con questo autore.
Il risultato eccolo qui, una recensione che recensione non è, quanto un tributo nostalgico a una figura che vorrei che ci fosse ancora, in particolar modo in un periodo storico in cui la leggerezza unita alla profondità sarebbero di grande aiuto.
Ordine e Disordine dicevamo, rituffarsi in queste pagine è stato un ritorno al passato, un porto sicuro nel quale approdare quando si ha bisogno di una lettura avvolgente nella quale trovare nuovi spunti. Come un amico che si è lasciato poco prima e si continua esattamente là dove si era rimasti.
Un saggio dove utilizzare due concetti che paiono agli opposti per spiegare la vita stessa e le sue combinazioni, imprevedibili come il Disordine ma con incastri perfetti come il regno dell’Ordine.
La scelta di una facoltà universitaria, sede dell’Ordine per eccellenza come Ingegneria, è frutto esclusivo del Disordine. Fortunata coincidenza per l’incontro con una figura che, a mio avviso, ha formato il futuro pensiero dell’autore grazie alla matematica spiegata come la filosofia e che ha certamente contribuito anche alle pagine di questo libro.
Ma tutto il testo traccia storie di vita vissuta, episodi autobiografici, altri sono gli immancabili aneddoti di filosofi, Socrate e Nietzsche su tutti, ma anche concetti ecologisti in anticipo sui tempi.
Come sempre una scrittura delicata, coinvolgente, semplice, ma non per questo meno profonda, che arriva dritta e precisa e che narra ogni scelta, ogni fase dell’esistenza condizionata da queste due facce contrapposte.
Un esempio? Il capitolo La metamorfosi, dove l’autore, come il lettore, dà per scontato che il Disordine sia prerogativa dell’artista e l’Ordine di un impiegato, quindi il primo simpatico e l’altro antipatico. La metamorfosi è la sua, da ingegnere a scrittore, eppure, ci racconta che non era cambiato nulla! La creatività dell’arte e quindi il disordine azzerati in una saletta buia tra previsioni di vendita analizzate da direttori editoriali, redattori, pubblicitari.
Ma non importa, come ogni libro quello che conta è il viaggio e le emozioni che trasmette e leggere questo piccolo saggio aiuta a scardinare concetti che davamo per scontati ma che non lo sono, raccordandoli a un sorriso e una riflessione. Aiuta a non chiuderci in gabbie mentali, ma a farci capire che siamo fatti un po’ dell’uno e un po’ dell’altro. Una commistione di Ordine e Disordine ci rendono quello che siamo e quindi è inutile spingere in una direzione o nell’altra: siamo entrambe le parti.
Nelle scelte che facciamo, nelle decisioni che prendiamo, nelle azioni che compiamo, questi due elementi si intrecciano sempre.
In fondo, anche questa è una filosofia di vita.
Per usare le parole stesse dell’autore:
Il Disordine non è l’opposto dell’Ordine ma una sua esagerazione.
Prendiamoci del tempo ogni tanto e ricordiamocelo, magari tenendo tra le mani un buon libro.
Buona lettura
P.S. Ho cercato di tenere un ordine nello scrivere questo articolo, ma poi, come sempre, anche il disordine ha reclamato la sua parte.
Foto di copertina di Brett Jordan – License by Unsplash – Free use