Un romanzo che ho apprezzato davvero molto, perché contiene praticamente tutto quello che mi piace di un libro: nozioni storiche, trama avvincente, sviluppo dei personaggi, una scrittura pulita e semplice, immersiva, senza nessuna necessità di paroloni, di similitudini, di far vedere quanto si è bravi a giocare con le parole. Una caratteristica sempre più rara e non facile da ottenere. Bravissima l’autrice a usare un paio di “ganci” che gettano un sospetto nella mente del lettore e che assicurano la curiosità di proseguire con la lettura. Un libro che unisce tecnica e passione.
Il romanzo traccia un arco narrativo di 55 anni, che parte dalla Guerra civile spagnola per concludersi in un Cile finalmente libero nel 1994. Seguiamo la storia della famiglia spagnola Dalmau e in particolare dei due protagonisti, che è anche una storia di speranza, di fuga, di tenacia e resistenza. Esuli fuggiaschi repubblicani che abbandonano la patria per sfuggire alle persecuzioni di Franco e che approdano in Cile grazie all’attività umanitaria del poeta Pablo Neruda. È un romanzo storico con una saga familiare al suo interno che lo rende davvero interessante. Ho capito e imparato più nozioni sulla Guerra civile spagnola leggendo questo libro che nei testi didattici. Ciò che colpisce è la ripetitività degli eventi. Guerra civile in Spagna e colpo di Stato in Cile. La ferocia è la stessa, così come la fuga, la disperazione e le persecuzioni. Uguali i campi profughi o di concentramento. Leggere ciò che accadeva, il modo in cui gli esiliati venivano accolti dai paesi vicini, rende la lettura estremamente attuale. Stesse parole, stessi atteggiamenti, stessi campi contraddistinti da miseria – sporcizia – privazioni. Perché in fondo nessun paese vuole lo straniero, lo guarda con sospetto e diffidenza. Accadeva nel 39, accadeva nel 73, accade oggi. Nello stesso identico modo. La storia ci è maestra diceva il Machiavelli; purtroppo però non impariamo mai nulla.
Ma il libro è anche una storia d’amore e di grande umanità, lo scorrere delle pagine ci insegna come le radici che scegliamo di piantare in un luogo da chiamare “patria”, possono attecchire con facilità e che le seconde occasioni esistono. Nota particolare la presenza del poeta Pablo Neruda, quasi un sottotesto del libro, uno spirito sempre presente pagina dopo pagina. Fu grazie a lui che 2100 spagnoli trovarono la loro seconda patria in Cile, grazie al lungo viaggio sul Winnipeg. La barca della speranza. Vi ricorda qualcosa?
Una lettura consigliatissima.
Foto in evidenza di Amelia Agnusdei. Tutti i diritti riservati