Antony varcò la soglia del nosocomio, come era solito chiamarlo, con passo svelto. Era in ritardo di dieci minuti; colpa di Lora e delle sue questioni filosofiche.
Entrò diretto in una stanza semibuia ma a lui familiare, in cui la coppia che cercava era già riunita. L’infermiera gli fece un cenno di saluto e si affrettò a uscire. Udiva solo un brusio indistinto, ma per lui non erano importanti le parole quanto i gesti; era il motivo della sua presenza lì. Osservava le mani di quelle due persone che erano intrecciate tra loro: una era fresca e liscia, l’altra grinzosa e vecchia, ma entrambe bisognose del contatto reciproco. Vedeva come la persona più giovane era solita accarezzare l’altra mano, lisciarla tra la propria con infinita delicatezza. A volte la chiudeva in entrambi i palmi, senza mai stringere. Lui non ne capiva il motivo, né quale fosse la differenza tra quei gesti.
Le occhiate torve che i due gli posarono addosso lo indussero ad accavallare le gambe e a tirare fuori un block notes per prendere appunti. Sapeva che quella posizione lo rendeva goffo agli occhi altrui e gli appunti erano assolutamente inutili, ma ciò serviva a mitigare il disagio che le persone osservate provavano.
Per reazione la coppia si strinse ancora di più e abbassò ulteriormente il tono di voce, che divenne così un sussurro impercettibile. Una difesa sciocca quanto inutile pensava lui, ma assolutamente naturale. Gli dispiaceva che la prendessero così male, ma era il compito che doveva svolgere. Questa era una delle poche cose che capiva, le altre rimanevano ancora incomprensibili alla sua logica. Ad esempio l’oscurità forzata di quella stanza, che non portava nessun vantaggio, con la finestra sprangata e l’aria che senza dubbio era diventata pesante e viziata. La trovava una scelta poco saggia.
Ora la persona più giovane si era alzata e incurvata verso quella anziana, ne accarezzava il viso rugoso, con quegli occhi acquosi e ormai spenti. Ciononostante una scintilla, un guizzo di vitalità era ancora visibile di quando in quando, di questo si era accorto, pur senza comprenderlo. L’infermiera gli aveva spiegato la parentela tra i due: madre e figlia, molto legate, da sempre insieme.
L’osservazione durò ancora qualche minuto, fino a quando la giovane donna posò un bacio su quel volto ormai addormentato e asciugò una lacrima sul proprio.
Se ne andò senza nemmeno guardarlo.
Si alzò anche lui e si avvicinò alla donna inerme. Sarebbe stato così facile porre fine a quelle sofferenze, a quell’agonia che durava da settimane. Ne ascoltava il respiro che era ormai un rantolo, a volte un fischio, affaticato e rumoroso.
Non capiva.
Si diresse verso le scale per andare al terzo piano, reparto maternità.
La situazione in quel luogo era completamente differente. La luce era ovunque, sia artificiale che naturale, i volti sempre allegri e sorridenti, non chiusi e muti come al piano inferiore.
Qui poche donne davano alla luce i loro figli e tutti sembravano contagiati dalla felicità delle partorienti. Eppure quelle donne soffrivano terribilmente, sudavano, urlavano, a volte svenivano. Qualcuna moriva. Nonostante questo erano tutte felici di essere lì. Per lui un altro mistero. Parlò con alcune di loro che, al contrario di tutti gli altri, erano gentili anche con lui. Merito dell’ossitocina, questo lo sapeva bene. Chimica elementare. Non si spiegava però perché non utilizzarla anche in altri frangenti, magari sintetica.
Uscì da quella grande struttura dove alcune persone erano felici, altre morenti, la maggior parte tristi. Cercava le risposte che doveva trovare. Ma invano. Che avesse ragione Lora?
Come se fosse stato tutto calcolato, eccola comparire.
«Allora? Qualche novità?» chiese lei con voce priva di tono.
«No, sempre i soliti gesti, le solite parole. Con me non vogliono parlare e quando lo fanno risultano parole incomprensibili.»
«Dovrai accettare la mia verità, i miei studi.»
«Non ne hai nessuna certezza, sono ipotesi non suffragate dai fatti.»
«Ma è l’unica spiegazione logica!»
«Però non certa. Sai che dobbiamo arrivare all’assoluta certezza.»
Mentre parlavano una polvere bianca e sottile si alzava dalla strada. Era un misto di cemento sbriciolato e pulviscolo che proveniva dalle strade in rovina, dagli edifici ormai sgretolati, dalle fabbriche cadenti, dai monumenti a pezzi; particelle che ogni giorno si disperdevano nell’ambiente, rendendo l’aria sempre più densa e irrespirabile, oscurando il sole e lasciando una perenne cappa grigia nel cielo.
Andarono insieme al centro riproduzione, dove corpi umani si contorcevano nell’amplesso: sudati, accaldati, ansimanti, sembravano soffrire e trovare piacere contemporaneamente, fino ad arrivare urlanti all’orgasmo, nella speranza di fecondare un ovulo. Una speranza ormai sempre più vana.
Li guardavano e non trovavano nessuna logica in tutto ciò. Se ne andarono.
«Hai trasmesso i dati alla banca centrale?» chiese Lora
«Sì, in tempo reale, così tutti li potranno analizzare e studiare.»
Lora ( L-00-RA) e Antony (ANT-00-N1) compivano gli stessi gesti e usavano le stesse parole da ormai vent’anni. Loro, come decine di altre unità in servizio, erano state incaricate di salvaguardare la razza umana, ormai prossima all’estinzione. Dovevano studiare e comprendere l’uomo e il suo grande mistero: l’amore. Il motore che faceva muovere il mondo. Tutti gli studi erano concordi nell’affermare che, con lo spegnimento della propulsione dato dall’amore, la razza umana aveva iniziato a morire, giorno per giorno. Guerre, squilibri, sacche di povertà, esodi, avevano fatto crescere a dismisura l’egoismo e la cattiveria umana, fino a far dimenticare l’amore insito nell’uomo. Ogni anno, ogni decennio, la situazione era peggiorata, fino al quasi totale annullamento. Poche migliaia di esemplari umani erano ancora in vita.
La coltivazione di essere umani semi biologici e poi sintetici era stata un fallimento; gli studi indicavano proprio nell’assenza di amore la causa dell’insuccesso. Per questo loro erano stati creati: per indagare e comprendere quel fenomeno così misterioso e senza una spiegazione logica. Poi diffonderlo. Al momento senza risultato. Osservavano, riferivano, elaboravano, ma la fredda logica non li aiutava.
A nulla era valso osservare una figlia che accudisce una madre morente; inutile guardare la gioia di una madre verso il proprio figlio. Futile indagare sulle modalità della riproduzione. Tempo perduto leggere tutti i volumi delle biblioteche che parlavano di quell’emozione. Per molti di loro quelle storie erano solo delle tragedie.
ANT- 001- N1 si chiese se Lora avesse ragione. La sua tesi sosteneva che era un sogno, un’illusione chimica che dona piacere. Solo questo era l’amore.
Eppure, ciò contrastava con la sua esperienza. Era un concetto logico, ma altrettanto logicamente negato dall’evidenza del comportamento umano. Tutta quei millenni di civiltà, tutto ciò che gli uomini erano riusciti a creare, compresi loro, era il frutto di un’illusione? Non era logico. E così continuavano a osservare, indagare e riferire.
Il tempo scorreva.
© Gabriele Giuliani – Diritti letterari riservati
Foto di copertina di Nathan Dumlao. License by Unsplash – Free use
Un racconto amaro che mi fa riflettere sull’assenza dell’amore, specialmente in questo periodo storico in cui le guerre ci toccano più da vicino e la visione materialista ed edonista prevale su quella umanitaria e spirituale. Ciao.
Grazie Simonetta, sono contento che il racconto abbia indotto delle riflessioni. Speriamo di diventare meno materialisti!
Buona lettura.