Un libro che mi ha ispirato sentimenti contrastanti.
Un acquisto dettato dall’interesse di approfondire le tematiche degli immigrati messicani (e non solo) verso gli USA, e in questo ha assolto bene il suo compito con realismo ed efficacia. Illuminante sotto molto aspetti.
Il “norte” è visto come miraggio, ambizione, sogno di una vita migliore. Ma arrivarci però è un’impresa che a molti può costare anche la vita. La “bestia”, com’è chiamato il treno che porta verso un mondo migliore, diventa per molti un sinonimo di pericolo, sofferenza, ma anche morte o di gravi ferite. Una bestia sferragliante che prosegue cieca nel suo mondo portando il triste carico di uomini che si affolla lungo i suoi tetti, alcuni appesi ai lati, i più fortunati nei vagoni merci vuoti. I più sfortunati, invece, nella folle corsa per prenderlo al volo ci finiscono sotto diventando numeri per statistiche di morti e feriti. Un binario lungo cui sfila un esemplare di umanità sempre diverso, che siano gli occhi annoiati della polizia di frontiera che aiuta i migranti o che, al contrario, li rapisce per chiederne un riscatto. Chiunque salga su quel treno, che sia un bambino asmatico, una coppia di adolescenti in fuga, una madre e una figlia che scappano dalle rappresaglie di un cartello della malavita, costituiscono un esercito di anime disperate.
In un modo o nell’altro è un viaggio che cambia per sempre l’esistenza di chi lo affronta. Il tema del viaggio in letteratura ha assunti i più svariati significati: fuga, salvezza, rinascita, formazione. Questo libro li raccoglie tutti.
Il testo spiega molto bene la situazione politica del Messico, la vita quotidiana che è molto diversa dalle brochure patinate che raffigurano le spiagge di Acapulco. Violenza, rappresaglie, intimidazioni, sono la forza e il potere dei cartelli che li rende più forti della polizia, ed ecco allora il conseguente miraggio che spinge gli immigrati a tentare la sorte negli USA. Un viaggio fatto di contraddizioni, di muri eretti a difesa del nulla, di poliziotti corrotti, di malavita e gang più potenti dello Stato stesso. Un viaggio finale nel deserto dove perdere la speranza è più facile di quello che si può credere.
Sotto questo aspetto il libro è consigliato.
La struttura dello stesso però mi ha deluso. Un narratore onnisciente, al tempo presente, con un punto di vista multiplo (multi POV), mi ha reso la lettura difficile. Passare dal punto di vista della protagonista a quella degli altri personaggi in poche righe è stato a volte complicato.
Non amo questo tipo di narrazione che noto spesso nella narrativa odierna. È confusionaria, distraente, poco efficace. Non a caso le parti più belle, a mio avviso, sono quando la protagonista torna al suo passato e quindi la narrazione con il passato remoto la rende molto più godibile e con un punto di vista singolo.
Nonostante ciò mi sento di consigliarlo se siete interessati a queste tematiche.
In fondo il compito degli scrittori è anche questo: una presa di coscienza sulla realtà che ci circonda. Tracciare una linea di informazione attraverso la narrativa, in modo da rendere concetti importanti, come in questo caso l’immigrazione, fruibili attraverso la scrittura. Una funzione che è stata spesso svolta dai romanzieri nei secoli attraverso le varie correnti che in modi diversi raccontavano passaggi importanti della società. Oggi noto con piacere una tiepida ripresa di questa funzione, dove la lettura, seppur in versione romanzata, ci offre uno spaccato di vita estremamente realistico.
Foto di Samuel Fyfe – License by Unsplash – Free use