“Liston pensa solo a se stesso perché sa che se non lo farà lui, non lo farà nessun altro.”
Esistono libri che sembrano scritti apposta per noi. La copertina ci attrae con quel giusto mix tra il titolo e la foto, il sottotitolo ci spinge a prenderlo in mano, la quarta ci indirizza verso l’acquisto.
È il caso del libro di Amleto De Silva Il pugilatore – Viaggio intorno a Sonny Liston, edito da Les Flâneurs Edizioni, uno dei trofei presi al salone del libro di quest’anno.
Un libro che non tradisce le aspettative di chi mastica pugilato e conosce il dietro le quinte di un ambiente viziato da mafia, droga e scommesse clandestine. Pur facendo “il giro lungo” come dichiara l’autore fin dall’inizio e in pieno spirito da flâneurs, il testo è ricco di spunti sulla vita di Sonny Liston e sulla sua carriera che, però, non è il fulcro del libro. Si parla infatti del personaggio Sonny, più che del pugile.
Di quegli anni sono sempre stato follemente innamorato e conosco bene il Liston pugile, salito agli onori della cronaca non tanto per essere stato il campione mondiale dei pesi massimi, quanto per averlo perso ai danni di Cassius Clay. Sì, esattamente, “Cassius”, e qui concordo con l’autore usando il nome originario del grande campione quando quel titolo lo ha vinto. Muhammad Ali verrà solo dopo.
Figurarsi quindi se io, che dei perdenti e degli sconfitti ne ho fatto una filosofia di vita, scrivendoci ben due libri, potevo lasciarmi sfuggire il testo su uno dei perdenti più famosi della storia.
Sonny, purtroppo, come ci racconta De Silva, non è stato solo sconfitto, ma un vero e proprio perdente, nello sport come nella vita. Solo, dimenticato, povero. Addirittura, lo troveranno morto sul suo divano, seduto composto, dopo svariati giorni in cui nessuno si era accorto della sua assenza, una morte avvolta nel mistero, perché Sonny, da bravo perdente, non può riposare in pace.
Il libro è onesto, sanguigno e sincero, ma è andato oltre le aspettative quando mi sono accorto pagina dopo pagina che le mie passioni, le mie conoscenze, perfino le mie letture combaciavano con quelle dell’autore. Ho ritrovato le pagine dell’autobiografia di Malcom X (che vi consiglio spassionatamente di leggere), le vicende dei Kennedy e di quell’America puritana e razzista che rappresenta la più grossa contraddizione del XX secolo. Ma ho ritrovato anche aneddoti su un altro personaggio da me amato e oggi dimenticato come Walter Chiari, uno che come flâneurs la sapeva lunga. Si prosegue poi con il maestro Manzi, altro personaggio di cui si parla troppo poco, e poi la memoria collettiva di una generazione, tra cui la mia, che ha combattuto con le musicassette, i ricordi di gruppi musicali storici… insomma, lo specchio di quell’Italia che non so se fosse veramente più bella o è semplicemente un effetto di quando le cose che non ci sono più diventano dei ricordi.
Per non fare il giro troppo lungo dirò solo che ci sono tanti di quei riferimenti alla mia cultura personale che hanno fatto di questo testo un libro su misura per me. Mi auguro che lo possa essere anche per voi.
Un consiglio: leggetelo con calma, fatevi trasportare, fate anche voi il giro lungo, perché poi apprezzerete di più il tema di ogni singolo capitolo e l’intero testo.
Foto di copertina di Nemesia-Production – License by Unsplash – Free use