Nella mia testa le calamite sul frigorifero sono sempre state segno di una certa felicità. Tranquillità del focolare domestico, serenità e famiglia felice, di mamma e papà e figli e di una bella casa, arredata bene e con un bel tappeto da qualche parte, magari davanti alla televisione con un tavolino da caffè pieno di disegni, il telecomando e cianfrusaglie da salotto.
Ed ecco che scoppia la guerra. Ma dai, la guerra, sul serio?
Poi si vedono i carri armati. Poi si vedono le persone che scappano, e gli aerei e le bombe. Le bombe, capito? Cioè questi sono in guerra! Ma dai, non scherziamo, sul serio, da non crederci. Ancora con la guerra stiamo? Non è bastato tutto quello che c’è stato? E questi due anni maledetti eh? Mi dite che mentre la gente soffocava e si tratteneva pure un colpo di tosse da saliva di traverso per evitare il panico o il linciaggio, per non parlare di quelli ridotti in miseria che fino all’anno prima magari pensavano di comprarsi quello sproposito di aspirapolvere o quel televisore quasi di ultima generazione, quindi mentre tutto questo capitava al mondo voi pensavate a organizzare una guerra? Siete proprio vecchio stampo non c’è che dire. Fa vintage la guerra, come mettersi la maglietta dei Nirvana a sessantaquattro anni. Cosa che probabilmente farò ma almeno io ammazzerò soltanto il buon gusto, niente altro. E comunque parlo della maglietta nuova uscita in questi anni, addosso a dodicenni che manco sanno chi erano i Nirvana, laddove io parlo proprio di quella vecchia e pacchianissima che avevo, con il faccione di Kurt, colori psichedelici intorno e la scritta sotto I hate myself and i want to die.
Ed ecco che scoppia una specie di guerra.
E vedo questa famiglia che non fa parte di quelli che scappano.
Questi restano e infatti sono ancora lì, sotto le bombe e sotto casa non gli passa più il tram ma i carri armati russi. Che poi “carri armati russi” fa molto Seconda Guerra Mondiale e mi fa quasi ridere ma non c’è proprio niente da ridere.
E dunque la famiglia in tv. Un fotogramma di questi che guardano un televisore da cinque pollici tecnologia zero e ricezione canali con botta tattica sopra il cassone e pure quello trasmette la guerra, che poi ce l’hai fuori dalla finestra e basta che ti affacci e anche qui non c’è da ridere. E sotto il televisore c’è il frigorifero e sul frigorifero tutte queste calamite. Ma saranno una sessantina se non di più e rimango di sasso neanche avessi cinque anni. I toni scuri e la strana saturazione dei colori del fotogramma mi intristiscono, rendono tutta la scena più povera.
Penso solo che vorrei andarmeli a prendere, quelli lì, davanti alla tv e con tutte quelle calamite. Me li prenderei e gli direi di portarsi il frigorifero così come è, che a casa mia c’è ancora un po’ di spazio. Non è vero per niente, sono pieno di stronzate, di libri che non ho ancora letto, di giocattoli da bambini e di sedie che non ho mai usato e mia moglie incazzata perché non abbiamo abbastanza spazio e io che accumulo cose e lascio tutto in disordine. Ma non glielo direi, tanto una volta dentro, saranno salvi. Il resto si risolve. E poi a occhio e croce, sono abituati a sentirsi dire qualche bugia.
Però la guerra, quella è vera.
Foto di copertina di Levi Meir – License by Unsplash – Free use
Il racconto è tratto dal libro “Di uomini e mostri. Brevi cronache dal mondo” edito da Les Flâneurs edizioni che ne detiene i diritti. La pubblicazione di questo racconto è stata autorizzata.
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